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Rassegna Stampa Estera
Rassegna Stampa Estera
13/07/2011

Rassegna mondiale sulla libertà di stampa

ISFreedom il sito dedicato alla libertà di stampa nel mondo riporta quotidianamente notizie sulla violazione del diritto all'informazione.
In questa selezione: Cina e Pakistan.
 
 
 
 
Da ISFreedom
 
Cina: altri 8 anni di carcere a un giornalista dissidente senza alcuna prova
12 luglio - Il governo cinese continua nella sua operazione di repressione totale contro ogni forma di dissidenza interna. Nonostante i proclami ufficiali a favore della “società armoniosa”, infatti, il regime ha scelto di non mantenere in piedi neanche una parvenza di stato di diritto: nei giorni scorsi, un giornalista cinese e uno scrittore tibetano sono state vittime palesi di ingiustizie operate proprio da tribunali e polizia. Dopo 4 anni di galera, la Corte popolare di Tengzhou ha condannato lo scorso 26 giugno ad altri 8 anni di galera Qi Chonghuai, giornalista famoso per la sua denuncia della corruzione nella pubblica amministrazione cinese. La famiglia, che lo aspettava fuori dal carcere per festeggiare la sua libertà, ha ricevuto la notizia da un giornalista che aveva ascoltato la nuova sentenza. Secondo i giudici, Qi si è macchiato di “corruzione” e tangenti ai danni di pubblici ufficiali. Ma non hanno spiegato come questi, che ha trascorso gli ultimi 4 anni in cella, possa aver commesso questo nuovo reato. Secondo l’avvocato Wang Quanzhang “è una violazione assurda. Non può aver commesso nuovi crimini, in galera”. Durante un’inchiesta compiuta nel 2007, Qi ha postato su internet la foto di un edificio di lusso costruito con i soldi pubblici per un funzionario statale. Lo scopo evidente era quello di denunciare la corruzione del governo, ma i giudici lo hanno accusato e condannato per “aver cercato di ricattare” il funzionario in oggetto. Nel cortile del carcere, la moglie ha letto un biglietto del dissidente: “Grazie a tutti per il vostro aiuto. Ci rivedremo in una prossima vita, quando ritornerò. Auguro il meglio a tutte le persone buone”. La repressione di Pechino non si ferma ai dissidenti esterni: la stretta è stata ordinata anche per lo Xinjiang, patria degli uighuri, e per il Tibet. Secondo le fonti del Tibetan Centre for Human Rights and Democracy, infatti, lo scrittore 25enne Pema Rinchen è stato arrestato lo scorso 5 luglio dalle autorità cinesi nella contea di Drango. Subito dopo la detenzione, l’intellettuale – noto per le sue continue denunce della politica cinese in Tibet – è stato ricoverato d’urgenza in un ospedale locale per le percosse violente subite dagli agenti. Dopo aver appreso la notizia, la famiglia di Pema è corsa in ospedale per visitare il proprio congiunto, ma diversi agenti di stanza al di fuori della sua stanza hanno impedito ogni contatto. Dopo un’infanzia trascorsa in un monastero, Pema si è dedicato con passione alla causa del popolo tibetano: ha viaggiato per tutta la regione per intervistare protagonisti e scontri delle vittime degli scontri del 2008. Dopo questo viaggio, ha pubblicato un libro-denuncia che (ovviamente clandestino) è stato distribuito in più di 2mila copie. Negli ultimi mesi, il regime cinese ha intensificato la stretta sugli intellettuali del Tibet. Dal 2008, anno in cui si sono verificate enormi manifestazioni di protesta in tutta l’area, oltre 60 fra giornalisti, dissidenti, artisti, scrittori e filosofi sono stati arrestati, picchiati e condannati a lunghe pene detentive. Ma la repressione colpisce anche i monasteri, considerati da Pechino l’epicentro della resistenza anti-cinese. Secondo il Centro, negli ultimi giorni sono stati fermati e condannati al carcere almeno 13 monaci buddisti. Due di questi - Sonam Choegyal e Sonam Nyima, entrambi di 19 anni – sono stati condannati a 3 anni di carcere a testa per il ruolo svolto nelle manifestazioni dello scorso anno. Degli altri non si conosce ancora la sorte. (fonte: AsiaNews)
 
 
Pakistan: tensione con gli Stati Uniti per l'assassinio del giornalista Saleem Shahzad, ucciso un mese fa
8 luglio - Il governo di Islamabad ha "permesso" che fosse compiuto l'assassinio del giornalista Saleem Shahzad. È quanto ha riferito ieri in conferenza stampa a Washington il capo degli Stati maggiori congiunti statunitensi, l'ammiraglio Mike Mullen, secondo cui ci sarebbero "prove evidenti" del coinvolgimento dell'Isi (i servizi segreti militari pakistan) inell'omicidio. Parole giudicate dal governo pachistano "estremamente irresponsabili". L'ambasciatore pachistano a Washington, Husain Haqqani, ha detto che le dichiarazioni di Mullen non aiutano le indagini che il governo di Islamabad sta portando avanti in una commissione indipendente creata ad hoc. "Anche noi siamo interessati ad andare fino in fondo nella risoluzione di questo caso, perché come ogni altro governo del mondo ci preoccupiamo del rispetto dei diritti umani", ha precisato Haqqani. L'Isi è stato solerte nel rispondere negando qualsiasi sua responsabilità nella faccenda. Saleem Shahzad, giornalista di Asia Times Online, e collaboratore anche dell'italiana Adnkronos International, era stato rapito ad Islamabad nel maggio scorso. Il suo corpo senza vita era stato trovato due giorni più tardi nella provincia di Punjab. I media pachistani avevano sin da subito speculato sul possibile coinvolgimento dei servizi segreti nell'omicidio. Al momento della sua morte, Shahzad stava lavorando sulle infiltrazioni di al-Qaeda nella marina militare pachistana. Le dichiarazioni provocatorie di Muller contribuiranno a peggiorare i già difficili rapporti tra Stati Uniti e Pakistan La spirale negativa nelle relazioni tra i due Paesi alleati, in azione da diversi mesi, ha subito una brusca accelerazione dopo l'uccisione di Osama Bin Laden da parte dell'esercito americano ad Abbottabad. (fonte: Peace Reporter)
 
 
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