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Rassegna mondiale sulla libertà di stampa

ISFreedom il sito dedicato alla libertà di stampa nel mondo riporta quotidianamente notizie sulla violazione del diritto all'informazione.
In questa selezione: Cina e Messico
 
 
 
 
Da ISFreedom
 
Cina: a Pechino sarà schedato chiunque va su internet nei locali pubblici
29 luglio - Cresce la polemica a Pechino per la nuova prescrizione della polizia per bar, ristoranti, alberghi, librerie di installare costosi sistemi di controllo sull’accesso a internet dai locali. Molti accusano le autorità di volere aumentare la già rigida censura su internet. Ma i commercianti protestano per il costo. L’apparato costa da 20mila (3100 dollari) a 40mila yuan e per dare accesso a internet chiede l’identificazione con un documento. L’apparato conserva poi per 60 giorni, per i controlli della polizia, il nome di chi ha usato internet, l’indirizzo, il suo nome di accesso a internet e i siti web visitati. La disposizione, che per ora appare applicata solo in alcune zone centrali di Pechino come il distretto di Dongcheng, è molto criticata come ulteriore forma di censura su internet, nonostante la polizia spieghi che si vogliono colpire hacker, gioco d’azzardo online, frequentatori di siti porno e diffusori di virus informatici. Ma molti esercenti, specie di piccoli locali, protestano che non possono permettersi tale costo, né di rischiare la multa di 15mila yuan e la revoca della licenza previste per i trasgressori. Osservano che la spesa compete piuttosto alla polizia e dicono che dovranno togliere il libero accesso a internet, che pure attira molto i giovani che passano ore in tali locali navigando su internet. Critici anche gli utenti, parecchi dei quali si dicono pronti a disertare i locali o a non utilizzare questo collegamento internet. Molti spiegano di recarsi nei locali non per ragioni di anonimato ma per poter navigare in un ambiente confortevole e dove incontrare gli amici. Nei cibercafé è già previsto che l’utente debba essere identificato, prima di avere accesso a internet. Di fronte alla proteste e al rifiuto di molti esercenti di installare l’apparato, Zi Xiangdong, portavoce dell’ufficio di Pechino per la Pubblica sicurezza, dice che “si sta esaminando la situazione”, senza meglio spiegare. La Cina vuole raggiungere un rigido controllo su internet, per impedire il rapido propagarsi di notizie non gradite. Lo scorso febbraio per settimane ignoti internauti hanno chiamato la popolazione a scendere in piazza per proteste pacifiche stile Rivoluzione dei gelsomini, indicando giorno e luogo di riunione e scatenando grande allarme nella polizia, che nelle date indicate ha presidiato in forza i luoghi di riunione con cani e cannoni ad acqua, arrestando persino chi passava, proibendo ai giornalisti esteri di passeggiare nella zona. Fonti di polizia dicono che la misura sarà presto introdotta in tutte le grandi città. fonte: AsiaNews)
 
Essere giornalisti in Messico
27 luglio - Dal 2000 a oggi sono 71 i giornalisti uccisi in Messico, Paese ritenuto dalle Nazioni Unite come il più pericoloso per l’esercizio della professione giornalistica. Minacce e aggressioni nei confronti di giornalisti e organi di stampa e attivisti sono una realtà ormai dilagante in Messico: a essere presi di mira sono coloro che si occupano di questioni relative alla criminalità e giustizia. Anche se l’ufficio del procuratore generale federale aveva rinnovato l’impegno a indagare su questi reati, la maggioranza dei casi sono rimasti irrisolti e il programma governativo di protezione dei giornalisti non è ancora attivo. Secondo Catalina Botero, responsabile del settore Libertà d’Espressione della Commissione Interamericana dei Diritti Umani, in Messico, la situazione di chi lavora nei media del Paese “è estremamente grave“. Una giornalista del quotidiano messicano ‘Notiver’, Yolanda Ordaz de la Cruz, che era scomparsa da domenica, è stata ritrovata uccisa nello stato di Veracruz, nell’est del paese. Secondo una fonte di polizia, Yolanda è stata ritrovata con la gola tagliata. In precedenza sarebbe stata minacciata perché stava indagando sull’assassinio del vicedirettore del giornale Milo Vela, di sua moglie e del figlio, avvenuto il 21 giugno scorso mentre si trovavano nella loro casa. Il 20 giugno scorso era stato assassinato un altro giornalista della stessa testata, Miguel Angel Lopez Velasco, insieme alla moglie e al figlio. In precedenza, il 2 giugno, era stato trovato privo di vita un altro collega, Noel Lopez Olguin, del piccolo quotidiano locale ‘La verdad de Jaltipan’. E poi c’è la storia di Lydia Cacho, giornalista e attivista dei diritti umani che vive a Cancún, stato del Quintana Roo, nel sud est del Messico. Secondo quanto riporta Amnesty International, Lydia Cacho ha iniziato a subire minacce e intimidazioni dopo la pubblicazione di un libro nel 2005, nel quale denunciava un circuito di pedopornografia, che operava nonostante politici e uomini d’affari dello stato di Quintana Roo e di Puebla ne fossero a conoscenza. Dopo essere stata accusata di diffamazione e a seguito di procedimenti giudiziari irregolari, Lydia Cacho è stata arrestata, nel dicembre 2006, minacciata e maltrattata. Conversazioni telefoniche registrate, e successivamente pubblicate da alcuni organi di stampa, hanno dimostrato il coinvolgimento di ex funzionari governativi di alto livello dello stato di Puebla nell’arresto e nei maltrattamenti della donna. Nel 2009 la Commissione interamericana dei diritti umani ha chiesto al governo messicano di fornirle misure di protezione. Nel 2010, Lydia Cacho ha pubblicato un altro libro, portando alla luce ancora una volta la tratta di donne e ragazze e facendo i nomi delle persone presumibilmente legate a queste reti criminali. Lydia è stata nuovamente minacciata di morte via email e per telefono a causa del suo lavoro come giornalista. Le è stato chiesto di non parlare altrimenti sarebbe stata uccisa e chi l’ha minacciata ha sottolineato che quello era l’ultimo avvertimento. Essere giornalisti e difensori dei diritti umani in Messico vuol dire essere sottoposti ad aggressioni, arresti e il costante rischio di essere uccisi. La libertà di espressione è fortemente a rischio e nessuna protezione per i giornalisti è ancora attiva. Inoltre la corruzione dilagante nelle forze di polizia e il conseguente rafforzarsi della mafia messicana contribuiscono a rendere molto dure le condizioni di vita per molti messicani e, soprattutto, per molti giornalisti. (fonte: Italnews)
 
 
 
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