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Rassegna mondiale sulla libertà di stampa

ISFreedom il sito dedicato alla libertà di stampa nel mondo riporta quotidianamente notizie sulla violazione del diritto all'informazione.
In questa selezione: Twitter e USA
 
 
 
 
Da ISFreedom
 
Twitter, parte la censura «geografica»
28 gennaio - Cosa succede se Twitter blocca i messaggi? Cosa accade se i cinguettii non arrivano più sui telefonini dei compatrioti per motivi legali? «Tweets still must flow» si legge sul documento del social network (sembra molto «The show must go on») che per riuscire ad arrivare in Paesi con «idee differenti sulla libertà di espressione» potrebbero limitare il flusso di alcuni utenti nel Paese di origine. In altre parole, Twitter può far in modo che i messaggi di un utente possono arrivare in tutto il mondo, ma se è ritenuto "fastidioso" (o contro le leggi vigenti nel Stato di appartenenza) sono oscurati nel Paese di origine . «In passato abbiamo già usato la capacità di cancellare un topic, come quelli pro nazismo in Germania», si legge sul blog. Ma mai prima di oggi una persona è stata «oscurata». Il sospetto è che questa sia una trovata per arrivare in Cina. Nella Repubblica Popolare l'uso di internet è limitato (Facebook è oscurato) così da poter «arruolare» ad altri milioni di utenti. Il problema è che i cinquetii sono stati usati, ad esempio, nelle rivolte della Primavera Araba come passa parola. Quindi cosa succederebbe a un dissidente cubano che nonostante le limitazioni della Rete riesce a parlare con il mondo? Più che un'apertura, quella del social network può apparire come una censura preventiva. Molti utenti non sono contenti, anzi. Contestano la decisione. E in tanti si dicono pronti a migrare su altri siti.
 
 
Negli USA meno libertà di stampa: troppi arresti per Occupy Wall Street
28 gennaio - Tra Primavera araba e movimento degli indignati, quest'anno la libertà di stampa è stata messa a dura prova in molti paesi. Lo conferma la classifica stilata annualmente da Reporters sans frontières, che tra i più significativi cambiamenti rispetto agli anni scorsi, vede gli Stati Uniti precipitare dal 20esimo al 47esimo posto tra i paesi in cui viene rispettata la libertà di informazione.
Anche l'Italia nel 2011 non se l'è cavata bene: occupa il 61esimo posto in classifica, scendendo di diverse posizioni alla pari di Grecia e Bulgaria. Secondo quanto si legge nel commento alla graduatoria, gli Stati Uniti sono scesi perchè nell'arco di due mesi, tra settembre e novembre 2011, "più di 25 giornalisti sono stati arrestati e malmenati dalla polizia", nel corso delle manifestazioni organizzate dai gruppi di protesta legati a Occupy Wall Street. In Italia invece ci sarebbero ancora "una dozzina di giornalisti sotto la custodia della polizia", anche se "con l'abbandono di Berlusconi si è voltato pagina su diversi anni di conflitto di interessi". Continuano a comparire tra le prime posizioni della classifica Finlandia e Olanda, mentre ancora una volta toccano il fondo, tra il 177esimo e il 179esimo posto, Eritrea, Turkmenistan e Corea del Nord, dove "la dittatura assoluta non permette libertà civili". A conquistare i penultimi posti quest'anno sono Siria, Iran e Cina, "tre paesi che sembrano aver perso il contatto con la realtà, essendo stati risucchiati in una folle spirale di terrore". Tra i paesi che hanno vissuto la Primavera araba, la Tunisia sale di 30 posizioni, piazzandosi quest'anno al 134simo posto. Se la cavano peggio Libia ed Egitto, quest'ultimo precipitato di 39 posizioni in seguito alle "interrogazioni, arresti e condanne di giornalisti e blogger da parte della giunta militare".
 
 
 
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