La FABI attraverso l'Ufficio Relazioni Internazionali in collaborazione con il Centro Studi "Pietro Desiderato" ha presentato a Roma uno studio sulla situazione del sistema bancario italiano rapportato al sistema bancario europeo.
Si è concluso venerdì 14 marzo in Roma, il XX Congresso Nazionale della FABI. Confermato il Segretario Generale Lando Maria Sileoni ed il Segretario Generale aggiunto Mauro Bossola.
Nel corso del Congresso, la FABI attraverso l'Ufficio Relazioni Internazionali ed il Centro Studi Pietro Desiderato, ha presentato una indagine sul settore bancario in Europa, incentrata sulla rielaborazione di dati della Bce, che analizza i modelli distributivi dei principali sistemi bancari europei con un approfondimento, in particolare, sulle sofferenze accumulate negli anni cruciali della crisi (2010-2013) dai settori bancari di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia.
Impietoso il confronto con gli altri Paesi europei.
A fare peggio delle banche italiane solo gli istituti di crediti greci, dove le sofferenze hanno toccato quota 21,86% nel primo semestre del 2013.
Subito dopo le banche italiane, si collocano quelle portoghesi, con il 7,57% di prestiti non restituiti, quelle spagnole (6,69%), a seguire le banche del Belgio(4,98%). Va meglio per le banche austriache (4,60%), seguono quelle francesi (4,52%), mentre gli istituti di credito della Danimarca si collocano poco prima di quelle olandesi(3,98% contro il 2,55%).
Tra le piu' virtuose, le banche tedesche (1,86%) e le inglesi (1,86%) e, infine, le svedesi (0,78%). A determinare una cosi' forte incidenza delle sofferenze sui bilanci bancari italiani diversi fattori, spiega la Fabi. Tra questi: "una cattiva gestione del credito da parte dei piani alti delle banche (Direzioni generali e Cda,), che hanno concesso prestiti a grandi gruppi industriali amici, talvolta secondo criteri piu' clientelari che di merito; la crisi economica; le regole fiscali in materia di deduzione delle perdite, spesso penalizzanti per gli istituti di credito; l'eccessiva lunghezza delle procedure fallimentari e, infine, gli scarsi interventi di sostegno statale ai gruppi bancari in difficolta"'.
In allegato le slide con i principali numeri dello studio: