Presentato in Roma, il Rapporto Censis-Confcooperative "Recovery, Italia ultima chiamata". Le imprese sono costrette a fare innovazione senza laureati, con l'82% che ha un livello di digitalizzazione basso o molto basso.
Svimez ha formulato due scenari di ripartizione delle risorse del Pnrr rispetto al Mezzogiorno: uno scenario 'base', con un'ipotesi di destinazione degli investimenti pari al 24% e uno scenario 'rafforzato', rispetto al quale la quota di investimenti al Sud potrebbe raggiungere il 50%". "L'ipotesi di partenza - prosegue l'analisi - è l'allocazione all'interno del Pnrr di una spesa per investimenti pari a 150 miliardi di euro per il periodo 2021-2026.
Dalle analisi effettuate, lo scenario di base porterebbe a un incremento cumulato del Pil nei sei anni pari al 7,3% a livello nazionale e all'8,1% nel Mezzogiorno. Lo scenario 'rafforzato' consentirebbe al Mezzogiorno un incremento di Pil a fine periodo dell'11,6%, tre punti e mezzo in più di quelli previsti dallo scenario 'base', che si tradurrebbero per il Paese in "un punto in più di prodotto interno lordo cumulato fra il 2021 e il 2026", che passerebbe dal 7,3 all'8,2%.
"Occorre un via libera veloce ai cantieri. Tra Def e Recovery abbiamo l'irripetibile opportunità di attivare, grazie agli investimenti, un effetto leva da 666 miliardi, creare 4,2 milioni di nuovi posti di lavoro e mettere il turbo alla nostra economia". Lo afferma il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, commentando i dati contenuti nel focus Censis-Confcooperative.
Effetti che scaturirebbero, si legge nel Focus, grazie a "una spesa in infrastrutture (mobilità, settore idrico, rinascita urbana) da 192,4 miliardi entro il 2030". Investimenti necessari anche per l'export, dove viene sottolineato come l'Italia sia il nono Paese al mondo con 476 miliardi di euro, occupando però solo il 21esimo posto nella classifica della Banca mondiale sul Logistic performance index: "Occorre colmare il gap che ci separa dai principali competitor", dice Gardini, spiegando come "il ritardo infrastrutturale pesi per 60 miliardi di mancato export".
Le imprese sono chiamate a fare innovazione senza laureati, con l'82% che ha un livello di digitalizzazione basso o molto basso.
Un altro "ritardo infrastrutturale" dovuto a "segni 'meno' nell'ambito dell'istruzione rispetto alla media europea e agli altri Paesi partner", "solo il 19,6% della popolazione 25-64 anni - si legge nel Focus - ha un titolo di studio secondario superiore; il margine negativo è del 13,6% rispetto alla media europea, ma sale al 18% rispetto alla Francia e al 25% se ci si confronta con il Regno Unito.
Sono 14 i punti da recuperare per la quota di giovani 30-34enni con titolo di studio universitario nel confronto con la media europea; 24 rispetto al Regno Unito, 20 rispetto alla Francia". Quanto alla situazione attuale delle imprese, il Focus segnala come "fatto 100 il numero delle imprese innovative con almeno 10 addetti 38 di queste non sono dotate di personale laureato", e "fatto 100 il totale delle imprese con almeno 10 addetti, 82 di queste hanno un livello di digitalizzazione basso o molto basso e solo 13 impiegano specialisti Ict, figure professionali che fanno da volano nella digitalizzazione delle attività"..