Rapporto Svimez - Pandemia e Mercato del Lavoro - Indicatori economici - CSSPD - Centro Studi Sociali Pietro Desiderato


Rapporto Svimez - Pandemia e Mercato del Lavoro

Presentato a Roma lo Studio realizzato dall'Ente per lo sviluppo del Mezzogiorno dal titolo “Il lavoro nella pandemia: impatti e prospettive per persone, settori e territori”. 
Donne e i giovani del Sud a subire maggiormente la crisi.



GLI EFFETTI ASIMMETRICI DELLA PANDEMIA SUL LAVORO

Dallo studio emerge che il calo dell’occupazione è piuttosto omogeneo tra Mezzogiorno (-2%) e Centro-Nord (-1,9%). Ma sono le donne e i giovani del Sud a subire l’impatto occupazionale maggiore nella crisi pandemica: -3% a fronte del -2,4% del Centro-Nord per le donne; -6,9% al Sud a fronte del -4,4% del Centro-Nord per i giovani under 35. Si tratta di dati che ancora non tengono conto dei disoccupati “virtuali” degli attuali cassaintegrati e dei lavoratori solo ufficialmente occupati per effetto del blocco dei licenziamenti.

Nel Mezzogiorno flettono in misura più accentuata i dipendenti (-2,3% a frontedel -1,3% degli indipendenti), mentre nel Centro-Nord sono gli autonomi a  subire il calo più intenso (-3,6% a fronte del -1,5% dei dipendenti). I dipendenti a termine flettono dell’11,6% nel Mezzogiorno e del 13,3% nel Centro-Nord, mentre i permanenti aumentano dello 0,4% nel Mezzogiorno e dello 0,7% nel Centro-Nord. Gli effetti più marcati, si rileva nel Report SVIMEZ, si registrano nel settore dei servizi, soprattutto nei comparti labour intensive dell’accoglienza, della ristorazione, del turismo, della cultura, del piccolo commercio, e dei trasporti, dove più frequente è il ricorso il lavoro a tempo parziale o stagionale. 

Le attività del terziario sono state anche quelle che hanno fatto maggior ricorso alla Cassa Integrazione: sul totale delle attività, il 16% operano nel commercio e riparazione di autoveicoli e beni personali, il 14,7% nell’ospitalità e nel turismo, l’11,9% nelle attività
immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese.

Tra i settori più colpiti dall’emergenza sanitaria le attività legate al turismo e alla cultura. Il turismo, dopo anni di crescita costante, ha subito una profonda battuta di arresto, con quasi 233,2 milioni di presenze in meno negli esercizi ricettivi rispetto al 2019 (un calo del 53%). La clientela straniera è calata di oltre il 70%, quella italiana del 36%. Il comparto alberghiero è quello che ha evidenziato i segnali di maggiore sofferenza: le presenze registrate nel 2020 sono meno della metà (il 43%) di quelle rilevate nel 2019, mentre quelle del settore extra-alberghiero circa il 53%. I viaggi si sono pressoché dimezzati passando da circa 71 mila nel 2019 a 37 mila nel 2020. 

Le persone che hanno viaggiato su 100 residenti sono passate da circa 24 a 13 in Italia, e da 12 a 6 nel Mezzogiorno, mentre i viaggi pro-capite sono passati da 1,2 a 0,6 a livello nazionale e da 0,6 a 0,3 nel Mezzogiorno. In termini di occupazione le attività La SVIMEZ ha condotto per conto dell’ente bilaterale confederale Enbic uno studio sul tema “Il lavoro nella pandemia: impatti e prospettive per persone, settori e territori”.legate al turismo e alla cultura, che registrano nell’anno una diminuzione di 187 mila occupati nel settore turistico e di 33 mila nel settore culturale; in termini percentuali si tratta di un calo pari rispettivamente dell’11,3% e del 5,2% . 

Circa la metà degli occupati persi tra il 2019 e il 2020 (-456 mila persone) è ascrivibile a questi settori. Tra il 2019 e il 2020, nel Mezzogiorno il comparto delle attività turistiche ha subito una flessione più accentuata (-12,7% a fronte del -10,7% del Centro-Nord).

I giovani under 35 che non studiano e non lavorano (NEET) nella media del 2020 sono saliti al 36,1% nel Mezzogiorno dal 35,8% nel 2019, ed al 18,6% nel Centro-Nord rispetto al 16,6% nel 2019. Tra il 2008 ed il 2020 flette l’occupazione in tutte le regioni del Mezzogiorno con picchi elevati in Calabria (-10,4%) e Sicilia (-8.9%) e relativamente bassi intorno al 3% in Campania e Basilicata.  Dinamiche positive caratterizzano Toscana (+1,4%), Emilia Romagna (+2,1%), Lombardia (+3,1%) e, soprattutto, Trentino Alto Adige (+6,8%) e Lazio (+7,2%). Il tasso di disoccupazione “corretto” è pari al 25,4% nel Mezzogiorno dal 24,1% nel 2019, e del 13,4% nel Centro-Nord rispetto all’8,8% nel 2019. Con salari stagnanti e ore di lavoro che scendono non sorprende che il numero di persone che, pur lavorando, sono comunque povere, potendo contare su un reddito inferiore al 60% di quello medio, sia nettamente aumentato: i poveri tra gli occupati in Italia erano l’8,9% nel 2004, sono saliti al 12,2% nel 2017 e 2018 e al 13% nel 2020. A ciò si aggiungono, nota la SVIMEZ, difficoltà di reperimento. 

Il Mezzogiorno registra un aumento relativamente più accentuato delle difficoltà di reperimento che passano dal 21 al 25% mentre nel Centro Nord salgono dal 28,5 al 31,5%. La tendenza verso una maggiore qualificazione del personale emerge anche dalla crescita della percentuale di laureati richiesta dal 13 al 14%.

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Per maggior informazioni:
www.svimez.info
 


SINTESI RAPPORTO SVIMEZ 2021