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Rassegna Stampa Estera
17/04/2015

XXVIII Salone Internazionale del Libro a Torino

Si svolgerà presso il Lingotto Fiere di Torino da giovedì 14 a lunedì 18 maggio 2015, la 28° edizione della Fiera del Libro Torino. 
Paese ospite: la Germania.
Motivo conduttore dell'edizione 2015:  "Le Meraviglie d'Italia"  
 
 


IL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO

L'appuntamento con il Salone Internazionale del Libro di Torino si rinnova ogni anno a maggio nei quattro padiglioni di Lingotto Fiere. Un capolavoro di archeologia industriale, il celebre stabilimento Fiat con la rampa elicoidale e la pista sul tetto. Disegnato fra il 1915 e il 1922 e ammirato da Le Corbusier, dal 1985 il complesso è stato trasformato da Renzo Piano in centro espositivo, congressuale e commerciale.

Dai 100.000 visitatori e 553 espositori della prima edizione nel 1988, il Salone è cresciuto fino alle oltre 340.000 presenze di pubblico e 1.200 espositori.

Una forza fondata su diverse identità in equilibrio fra loro. Il Salone di Torino è al tempo stesso la più grande libreria d'Italia, un prestigioso festival culturale, un essenziale punto di riferimento per gli operatori professionali del libro e un vivace spazio dedicato ai giovani lettori.


Tema dell'Edizione 2015 "Le Meraviglie d'Italia"  

L'anno dell'Expo di Milano, destinata a richiamare milioni di visitatori, offre l'occasione di ripercorrere e ripensare il nostro rapporto con l'immenso patrimonio che abbiamo ereditato. Un tesoro artistico, architettonico, letterario, musicale, linguistico, paesaggistico, che comprende le tecniche materiali, il design, la moda, il cinema, la fotografia e che, nella sua stessa varietà, ha concorso a definire quello che viene riconosciuto come il carattere, l'identità, lo stile italiano.

Per secoli l'Occidente europeo vi ha trovato le sue matrici, la sua bussola, le sue fonti d'ispirazione come in altrettanti modelli. Rientra in questo contesto anche la ricorrenza dei 750 anni della nascita di Dante, che il Salone ricorderà. Ma oggi? Siamo ancora capaci di metabolizzare e reinterpretare questa illustre tradizione? Quali sono diventate le culture di riferimento e di che cosa sono fatte? Come è cambiato il ruolo, la rilevanza, la significatività di chi pratica delle attività creative?

Autorevoli studiosi hanno osservato che si è perduta la capacità dell'artista o dello scrittore di interrogare, provocare, rivelare al proprio tempo, magari in contrasto con quello, qualcosa che ancora non si sapeva. Domina l'intrattenimento, il consumo acritico e superficiale dell'usa-e-getta; artisti e scrittori diventano marionette nelle mani dei maghi del marketing.

Nell'avvitarsi di una lunga crisi che è in primo luogo culturale, la riflessione che il Salone propone vuole essere un invito ripensare la nostra storia e le ragioni che l'hanno modellata, nel bene e nel male, come momento fondativo di ogni ripartenza.

Ci guideranno in questa rilettura, che parte dall'antica Roma per arrivare alle sperimentazioni urbanistiche di questi anni, studiosi che sono anche efficaci divulgatori, come Andrea Carandini, Flavio Caroli, Philippe Daverio, Vittorio Sgarbi; storici dell'arte di particolare sensibilità civile come Salvatore Settis e Tomaso Montanari; scrittori capaci di estrarre dalla grande arte un racconto che riguarda tutti, come Melania Mazzucco. Ripercorreremo le strade del Grand Tour con Cesare De Seta e Attilio Brilli. Maestri della fotografia ci restituiranno una lettura critica della realtà italiana. Senza dimenticare le culture materiali, come la cucina, componente non trascurabile dell'identità che ci viene attribuita.

Quello che si vuole avviare al Lingotto è dunque ripensamento del rapporto fra tradizione e sviluppo, alla ricerca di modelli che sappiano saldare l'interpretazione dei «classici» e l'innovazione, per fondere in un solo progetto le molte facce della cultura. Non a caso la Costituzione concentra in un solo articolo la promozione e la tutela di cultura, ricerca, paesaggio, storia e arte.

In primo piano resta l'annosa questione della gestione dei beni culturali. Non un «di più», lusso voluttuario appannaggio di pochi eletti e avulso dai processi produttivi, ma un elemento essenziale nella formazione del cittadino: un alimento quotidiano, un motore di sviluppo che attende finalmente di essere riconosciuto come tale.
  
  
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