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Rassegna Stampa Estera
29/10/2015

Osservatorio SmartWorking 2015

Si è svolta a Milano la presentazione dei risultati della Ricerca dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano: in evidenza la grande crescita del fenomeno in particolare nelle aziende di medio/grande dimensione nel settore dei Servizi e nella Finanza.



Lo Smart Working prende piede in Italia. Nonostante l'assenza di evoluzioni normative – neanche all'interno del Jobs Act – si moltiplicano i progetti delle imprese che provano ripensare il lavoro in un'ottica intelligente, mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.
 
Nel 2015 il 17% delle grandi imprese italiane ha già avviato dei progetti organici di Smart Working, introducendo in modo strutturato nuovi strumenti digitali, policy organizzative, comportamenti manageriali e nuovi layout fisici degli spazi (lo scorso anno erano l'8%). A queste si aggiunge il 14% di grandi imprese che sono in fase “esplorativa”, che si apprestano cioè ad avviare progetti in futuro, e un altro 17% che hanno avviato iniziative puntuali di flessibilità ma rivolte solo a particolari profili, ruoli o esigenze delle persone. 

Quasi una grande impresa su due, sta andando in modo strutturato o informale questo nuovo approccio all’organizzazione del lavoro. L’analisi critica delle tante iniziative in atto consente oggi di delineare pratiche e linee guida di Smart Working nell’ambito dei vincoli e degli spazi di manovra concessi dalla normativa esistente.

Gli strumenti tecnologici più usati per abilitare lo Smart Working sono device mobili e i sistemi di social collaboration. Tra le funzioni aziendali più predisposte ad avviare sperimentazioni e progetti pilota spiccano le direzione ICT, ma anche gli acquisti e l'amministrazione. Per fare davvero Smart Working però bisogna ripensare nel profondo cultura e i modelli organizzativi.
Cresce l'interesse per il coworking anche per le grandi aziende: già 349 gli spazi in Italia. Scambio di conoscenza e riduzione costi tra i benefici rilevati dai manager, ma resta il timore sulla sicurezza dei dati.


Tra le PMI, però, la diffusione risulta ancora molto limitata: solo il 5% ha già avviato un progetto strutturato di Smart Working, il 9% ha introdotto informalmente logiche di flessibilità e autonomia, oltre una su due non conosce ancora questo approccio o non si dichiara interessata.

Parallelamente, si diffondono fenomeni che riprendono ed estendono i principi dello Smart Working anche fuori dall'impresa. Su tutti, il Coworking, di cui si contano 349 spazi in Italia, 88 nella sola Milano[1]: strutture che offrono luoghi flessibili on demand e un’esperienza di lavoro “Smart”, rivolgendosi ormai non solo a liberi professionisti, startup e microimprese, ma anche alle aziende più grandi, con il 71% dei manager che li ritiene un’opportunità anche per organizzazioni strutturate.


Sono alcuni risultati della ricerca dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net)*, realizzata attraverso un’analisi empirica e il confronto diretto con oltre 240 organizzazioni pubbliche e private in Italia, che è stata presentata questa mattina al convegno dal titolo “Smart Working: scopriamo le carte!” alla sala conferenze del Centro Servizi della Banca Popolare di Milano.

“La ricerca dimostra come lo Smart Working si stia diffondendo in Italia: molte organizzazioni nell'ultimo anno hanno iniziato ad interessarsi e adottare questo approccio, con un effetto positivo su persone, aziende e società̀, soprattutto grazie all'opportunità di ripensare stili manageriali e modalità̀ di gestione ormai superati – dice Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working -. Le organizzazioni devono però evitare l’errore di farsi trascinare dall’effetto moda, introducendo un cambiamento solo superficiale, senza cogliere l'opportunità̀ di ripensare profondamente cultura e modelli organizzativi per liberare nuove energie dalle persone. Fare davvero Smart Working, cioè, è un percorso lungo e profondo di continua evoluzione. Significa andare oltre l’introduzione di singoli strumenti e creare un’organizzazione orientata ai risultati, fondata su fiducia, responsabilizzazione, flessibilità̀ e collaborazione”.

“Per introdurre lo Smart Working in un'organizzazione – spiega Fiorella Crespi, Direttore dell'Osservatorio Smart Working - è necessario considerare innanzitutto le proprie specificità̀ interne e cercare una coerenza con gli obiettivi e la strategia di business, per poi trovare equilibri che vanno incontro alle esigenze e alle aspirazioni delle persone, sfruttando al meglio le opportunità̀ dei nuovi strumenti digitali. Servono la condivisione dei lavoratori rispetto a strategia, valori, obiettivi e performance, un nuovo approccio dei manager che da “controllori” diventino leader degli obiettivi, il supporto alle persone per decidere autonomamente le modalità̀ con cui svolgere le proprie attività̀. Le organizzazioni che hanno intrapreso questo cammino sono sempre di più̀, ma non esiste un'unica ricetta per tutti: il percorso deve tenere considerare i reali obiettivi e i diversi punti di partenza”.
 
Le iniziative per rendere il lavoro “Smart”

Lo strumento di gran lunga più diffuso tra le imprese italiane che hanno introdotto una qualche iniziativa di lavoro “smart” sono i device mobili - come PC portatili, tablet o smartphone - che consentono di lavorare anche fuori dalla postazione, sia all’interno che all’esterno della sede aziendale: sono già presenti nel 91% delle grandi imprese (e nel 49% delle PMI). Ma ampiamente diffusa è anche la flessibilità di orario, presente nell'82% delle grandi organizzazioni e nel 44% delle PMI. E poi la social collaboration (social nework, forum/blog, sistemi di chat o instant messaging, web conference, sistemi di condivisione dei documenti), attivata già dal 77% di grandi imprese e dal 34% di PMI. Meno della metà delle grandi imprese e un quarto delle PMI invece ha introdotto forme di flessibilità di luogo di lavoro, mentre solo il 20% delle grandi organizzazioni e il 22% delle PMI, ha introdotto innovazioni nel layout fisico degli spazi di lavoro, 
  
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