Secondo uno studio della Federazione Autonoma Bancari Italiani, l’impatto sui mutui e sui nuovi prestiti, per la riduzione dei tassi da parte della BCE nei mesi scorsi, è stato rilevante. Tuttavia le banche non hanno ridotto proporzionalmente i tasse dei mutui.
LE ANALISI DELLA FABI
Il costo per i clienti resta alto: il taeg medio è al 3,61%, Si è allargata la forbice tra tasso Bce e interessi bancari: lo “spread” è salito da 0 a 161 punti base da settembre a oggi. Aumenta di 5,1 miliardi il credito al consumo (+4,08%). Calano di 5,3 miliardi i prestiti personali (-4,51%)
Con i tagli dei tassi decisi dalla Banca centrale europea a partire da giugno 2024, i mutui nel nostro Paese sono tornati a crescere, con oltre 12 miliardi di euro di incremento negli ultimi 12 mesi, ma la trasmissione della politica monetaria dalle banche alle famiglie si è arrestata. Dalle banche, dunque, un miliardo al mese in più, per consentire agli italiani di comprare casa. Ma, se da gennaio 2024 gli istituti di credito avevano addirittura anticipato la discesa del costo del denaro, da settembre dello stesso anno i tassi applicati sui nuovi mutui si sono stabilizzati ben al di sopra dei livelli del tasso di riferimento della Bce, fermandosi tra il 3,6% e il 3,9% nonostante i tassi ufficiali siano scesi al 2%. Il differenziale tra tasso Bce e interessi bancari, nei nostri confini, resta superiore a 1,6 punti percentuali, segno che qualcosa si è interrotto nella cinghia di trasmissione della politica monetaria.
L’ultimo dato, di luglio scorso, segna la media del taeg (tasso annuo effettivo globale) al 3,61%: ne consegue che lo “spread” tra tasso Bce e interessi bancari è a quota 161 punti base rispetto al livello “zero” di settembre 2024. Vuol dire che banche hanno di fatto smesso di trasferire alla clientela i benefici derivanti dalla riduzione del costo del denaro, preferendo preservare i margini di profitto. Tra le cause, la prudenza degli istituti di credito per il quadro macroeconomico internazionale ancora incerto, la volontà degli istituti di credito di voler mantenere ancora alto il margine d’interesse (cioè il guadagno legato ai prestiti) e la debolezza della domanda da parte della clientela.
Una situazione che, di fatto, limita l’efficacia della politica espansiva della Bce e penalizza soprattutto le famiglie più vulnerabili, limitando l’accesso al credito e rallentando la ripresa economica. In ogni caso, il mercato dei finanziamenti per la casa è ripartito: dopo un lungo periodo di frenata dovuta all’impennata del costo del denaro, lo stock dei mutui alle famiglie ha mostrato segnali di ripresa a partire da metà dello scorso anno: dai 423,1 miliardi di euro registrati a luglio 2024 – tra i livelli più bassi degli ultimi due anni – il volume è salito progressivamente, raggiungendo i 435,1 miliardi a luglio 2025. Un incremento di oltre 12 miliardi in dodici mesi che segna un’inversione di tendenza netta rispetto alla fase di contrazione registrata tra fine 2022 e inizio 2024, quando l’inasprimento dei tassi da parte dell’Eurotower aveva congelato il mercato dei mutui.