Secondo il recente studio dell'Eurispes, gli stipendi in Italia sono tra i più bassi in Europa, e in termini di potere d'acquisto addirittura inferiori a quelli della Grecia e superiori, in Europa, solo a quelli del Portogallo.
La ricerca dell'Eurispes intitolata "Povero lavoratore", rileva come l'inflazione abbia prosciugato stipendi e salari nel periodo 2000-2005.
I salari lordi in effetti, ossia quelli percepiti dal lavoratore dipendente ed inclusivi dei contributi sociali a suo carico nonché dell'imposta sul reddito, hanno mostrato nel nostro Paese una dinamica poco pronunciata, come viene evidenziato dal confronto con gli altri Paesi europei. Laddove la crescita media del salario comunitario è stata del 18%, in Italia i lavoratori dell'industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%.
L'inflazione ha giocato un ruolo non trascurabile nel deprimere i salari dei nostri lavoratori in termini di potere d'acquisto: essa infatti negli ultimi quattro anni, e cioè dal 2002, ha avuto un andamento decisamente superiore alla crescita dei salari lordi calcolati in euro riducendo ulteriormente il valore reale dei salari netti in termini di potere d'acquisto.
L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale spiega perché, pur essendo il costo del lavoro nel nostro Paese ben più alto che in Spagna e Grecia e di poco inferiore a quello britannico, il reddito che resta al lavoratore (salario netto a parità di potere d'acquisto) sia sceso nel 2006 al di sotto di quello degli spagnoli e dei greci e a poco più della metà (57%) di quello del lavoratore del Regno Unito.
Ma da un punto di vista della competitività, sottolinea l'istituto diretto da Gian Maria Fara, la modesta dinamica salariale, se confrontata con quella dei nostri partner europei, ci assicura un discreto vantaggio in termini di costi.
In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro, calcolato sui dati forniti dallo Yearbook dell'Eurostat, è inferiore a quello di tutti i Paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo, che è anche il Paese dove i costi del lavoro sono minimi (9,5 euro all'ora) mentre Danimarca e Svezia fanno registrare i valori massimi (30,7 e 30,4 euro per ora rispettivamente).
Inoltre, osserva l'Istituto di largo Arenula, la posizione del nostro lavoratore rispetto ai suoi omologhi d'oltralpe è peggiorata nel corso degli anni a causa degli oneri. A incidere, però, è anche il cuneo fiscale che se confrontato con quello degli altri Stati europei, appare particolarmente gravoso nel nostro Paese.
E il 'netto' in busta del lavoratore è fra i più gravosi, tanto più punitivo in quanto la base di partenza, ossia il salario lordo, è molto al di sotto della media europea e poco più della metà di quello dei tedeschi, degli inglesi e dei danesi.
L'Italia, infine, nell'ambito della imposizione sul lavoro, attua una moderata politica 'familiare'. Infatti il cuneo che si inserisce fra il costo complessivo del lavoro e il salario netto in busta è del 9% inferiore per il lavoratore con tre persone a carico, rispetto a quello senza carichi familiari.
Fonte : AdnKronos, Ansa, Radiocor
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www.eurispes.it