L'Istituto Nazionale di Statistica, ha presentato a Roma, il Rapporto ITALIA 2025. La trentatreesima edizione del Rapporto esamina i cambiamenti economici, demografici e sociali che hanno interessato il Paese nell’anno appena trascorso.
Nel 2024 l’economia italiana ha continuato a espandersi a un ritmo contenuto, in un quadro europeo comune di basso dinamismo dell’attività. La crescita del Pil è stata pari allo 0,7 per cento come nel 2023, inferiore rispetto a Francia e Spagna (rispettivamente l’1,2 e il 3,2 per cento), mentre la Germania ha sperimentato una contrazione per il secondo anno consecutivo (-0,2 per cento, -0,3 nel 2023).
In Italia l’andamento dell’attività ha risentito della debolezza della domanda interna e del ridotto apporto della domanda estera, anche per via della crescita moderata dell’UE. La domanda per consumi finali è aumentata dello 0,6 per cento (+0,4 i consumi delle famiglie, a fronte di un incremento del potere di acquisto dell’1,3 per cento), e la crescita degli investimenti fissi lordi è rallentata sensibilmente (dal 9,0 per cento dell’anno precedente allo 0,5 per cento). A frenare la spesa per investimenti hanno contribuito la flessione della spesa per abitazioni (-3,1 per cento), dovuta al ridimensionamento degli incentivi pubblici, e quella poco inferiore delle componenti di impianti e macchinari (-2,6 per cento); hanno continuato invece a progredire gli investimenti nell’edilizia non residenziale (+9,6 per cento), che beneficia dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e gli investimenti
immateriali (+2,6 per cento).
Le stime preliminari per il primo trimestre del 2025 indicano per l’Italia una crescita congiunturale dello 0,3 per cento, corrispondente a una crescita annua acquisita dello 0,4 per cento. L’andamento congiunturale – poco superiore a quello di Germania (+0,2) e Francia (+0,1), e inferiore rispetto alla Spagna (+0,6 per cento) – riflette un aumento del valore aggiunto nei comparti primario e industriale e una stasi in quello dei servizi; dal lato della domanda, si rileva un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto lievemente negativo di quella estera netta.
L’andamento dei mercati esteri è fonte di forte incertezza sulle prospettive di crescita, per gli effetti delle misure protezionistiche decise e non ancora pienamente attuate dall’amministrazione statunitense. Per l’Italia, la previsione dei principali organismi nazionali e internazionali è di una diminuzione del ritmo di crescita nel 2025, analogamente alle principali economie avanzate.
L’esito, tuttavia, dipenderà anche dall’evoluzione della domanda interna di consumi e del potere di acquisto delle famiglie, nei primi mesi di quest’anno penalizzati dalla ripresa dell’inflazione, nonché dall’evoluzione degli investimenti pubblici e privati, con particolare riguardo a quelli finanziati dal PNRR.
Il saldo della bilancia commerciale, che nel 2023 era tornato positivo per 34 miliardi di euro grazie all’effetto sull’import della discesa delle quotazioni dell’energia, è salito nel 2024 fino a 55 miliardi, appena sotto il livello del 2019, nonostante la leggera flessione delle esportazioni in valore (-0,4 per cento).
IL MERCATO DEL LAVORO
Negli anni più recenti, alla contenuta crescita economica si è associato il buon andamento del mercato del lavoro: nel 2024 il numero di occupati è continuato ad aumentare sensibilmente, benché a un ritmo inferiore a quello dell’anno precedente (+1,5 per cento, dal +2,1). La crescita dell’occupazione è prevalentemente riconducibile alla componente a tempo indeterminato, mentre quella a termine si è ridotta del 6,8 per cento. Nel primo trimestre del 2025 si è avuto un ulteriore consolidamento: secondo le stime preliminari, a marzo l’occupazione è rimasta stazionaria, ma il livello supera dello 0,7 per cento quello di dicembre e dell’1,9 per cento – 450 mila unità – quello di marzo 2024.
A fine 2024 gli occupati hanno raggiunto i 23,9 milioni (+3,6 per cento in media di anno rispetto al 2019); l’Italia resta tuttavia il Paese con il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni più basso d’Europa, soprattutto a causa dei livelli inferiori di partecipazione e occupazione delle componenti giovanile e femminile.
Rispetto al 2019, nel 2024 il tasso di occupazione per la popolazione tra i 15 e i 64 anni è salito di 3,2 punti percentuali, fino al 62,2 per cento, pure restando 15 punti inferiore rispetto alla Germania, quasi 7 rispetto alla Francia e 4 in meno della Spagna. La crescita è stata maggiore dai 45 anni in su e tra i laureati (dal 79 all’82,2 per cento), con un ampliamento del differenziale con i meno istruiti (per i quali il tasso cresce di un punto, al 45,1 per cento). Sono sempre ampi i divari di genere e territoriali: il primo stabile a 17,8 punti, quello tra Nord e Mezzogiorno in riduzione da 23,1 a 20,4 punti.
L’occupazione a tempo pieno e indeterminato riguarda il 63 per cento dei lavoratori, in aumento di 2,1 punti percentuali rispetto al 2023 e di 4,8 punti rispetto al 2019, ma oltre un terzo dei giovani occupati e quasi un quarto delle donne sperimentano almeno una forma di vulnerabilità lavorativa. Nel 2024 l’82,9 per cento degli occupati lavora a tempo pieno, ma il part-time riguarda il 30 per cento delle donne e, spesso, non è una scelta.