Presentato dal Censis il Rapporto "Engagement e produttività. Più produttività attraverso la leva della motivazione e del coinvolgimento sul posto di lavoro". Per quasi la metà dei lavoratori il lavoro ha perso centralità e il 53,9% dei più giovani si sente poco coinvolto.
Quasi l’80% degli occupati si dichiara motivato, ma solo uno su 4 tra gli under 45. Per quasi la metà il lavoro ha perso centralità e il 53,9% dei più giovani si sente poco coinvolto. Il 54% chiede una retribuzione più competitiva per migliorare i livelli di engagement
L’engagement per favorire la produttività.
È fondamentale che le aziende comprendano come trasformare motivazione e coinvolgimento in leve strategiche per aumentare l’engagement e di conseguenza la produttività. Tra le possibili strategie per aumentarlo, il 54,0% degli occupati chiede una retribuzione più competitiva. Se lo stipendio resta il nodo centrale, i lavoratori non guardano solo al portafoglio: quattro su dieci vorrebbero più benessere e condizioni di lavoro migliori, il 32,0% benefit aziendali e oltre un quarto (il 26,9%) maggiore flessibilità oraria e smartworking. È quanto emerge dall’indagine «Engagement e produttività. Più produttività attraverso la leva della motivazione e del coinvolgimento sul posto di lavoro» realizzata dal Censis.
L’età incide sulla motivazione: senior più motivati, giovani meno.
Il 79,3% degli occupati si sente molto o abbastanza motivato. Tra di essi i più coinvolti sono gli over 55 che, cresciuti con l’idea del lavoro come valore identitario, dichiarano di essere molto motivati (37,5%). Tuttavia, tra i 18 e i 44 anni la motivazione cala: in questa fascia d’età solo il 24,3% dichiara molto interesse verso la propria occupazione. Tra i fattori che possono portare una persona a perdere interesse per il proprio percorso professionale vi è il disallineamento tra le competenze possedute e le richieste del lavoro. Solo il 27,2% percepisce competenze pienamente allineate al ruolo che ricopre, mentre il 13,7% segnala forte disallineamento. Anche questo fattore pesa di più sui 18-34enni (16,8%) rispetto agli over 55 (6,3%).
Il lavoro al centro della vita per gli over 55.
Quasi la metà degli intervistati (47,8%) afferma che il lavoro ha perso centralità o non è mai stato una priorità. A trainare questa visione sono i 18-44enni (il 54,1%), mentre il 66,3% dei senior resta ancorato al modello tradizionale. Emerge con forza la sensazione di disincanto, che mette sempre più in discussione il concetto tradizionale di lavoro come fulcro della vita sociale e personale. È quasi la metà dei lavoratori dipendenti a sentirsi regolarmente o sporadicamente distaccato o poco coinvolto durante le proprie attività lavorative, ma ancora più critico è il dato sui giovani, poiché più della metà (53,9%) avverte questo problema. A distanza di quasi 20 punti percentuali si pone invece la fascia degli over cinquantacinquenni (34,4%), dimostrando un maggiore coinvolgimento e stabilità emotiva nel rapporto con il lavoro.
Gli effetti del disengagement: turnover e calo della produttività.
Il disengagement si traduce in un dato eloquente: il 44,3% dei dipendenti ha considerato di cambiare occupazione. La percentuale tocca il 64,6% tra i più giovani. Tra i motivi che spingono a considerare la possibilità di un cambio di lavoro i principali sono: aumento del reddito (39,5%); stress o carico di lavoro eccessivo (28,7%); maggiore soddisfazione professionale (21,5%). La disaffezione al lavoro implica quindi una serie di sfide per l’azienda, che può veder calare produttività e qualità delle prestazioni, contemporaneamente ad un aumento del turnover. Un lavoratore su tre (33,3%) crede che il disimpegno abbia un impatto significativo sui risultati dell’azienda in cui lavora, riducendo la produttività in modo evidente, convinzione particolarmente diffusa negli over 55 (45,2%), distanti di quasi 20 punti percentuali dai più giovani (25,4%).