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Rassegna Stampa Estera
27/06/2007

L'Italia dell'eccellenza

L’Eurispes ha presentato il 2° Rapporto sull’Eccellenza in Italia.

L’Istituto ha individuato 100 realtà imprenditoriali e istituzionali, che si vanno ad aggiungere a quelle già monitorate nella prima edizione del Rapporto sulle Eccellenze in Italia. L’importante obiettivo che l’Istituto si propone, attraverso questa azione annuale di monitoraggio, è quello di costruire, tassello dopo tassello, una mappa sempre più aggiornata e approfondita di quelle esperienze di eccellenza che possono contribuire a rendere sempre più competitivo il nostro Paese.

Scorrendo l’elenco delle 100 esperienze inserite nel Rapporto, è facile rendersi conto che queste imprese, enti, istituzioni e associazioni producono una forte spinta psicologica, una energia positiva e una iniezione di fiducia a beneficio di tutto il Paese. Particolare importanza è stata attribuita alle aziende che hanno investito in modo particolare nella Responsabilità Sociale di Impresa.

ALCUNI DATI DI SISTEMA.
Quello italiano è un sistema economico costituito da oltre sei milioni di imprese, circa una ogni 10 abitanti, e ciò rende l’Italia un caso unico in Europa.

A guidare la classifica per numero di imprese presenti sul territorio regionale è la Lombardia che fa registrare un valore percentuale del 15,8% con 959.981 imprese, seguita dal Lazio (568.919), dalla Campania (542.802), dal Veneto (509.376) e dalla Sicilia (480.001). Occupano gli ultimi posti della classifica il Molise e la Valle d’Aosta che contano rispettivamente 36.207 e 14.579 imprese.

Il livello di competitività del Paese si riflette anche sull’andamento dei prodotti made in Italy che negli ultimi anni ha subìto la competizione dei mercati orientali e dell’Est europeo. L’indicatore più significativo per quanto riguarda il made in Italy è costituito dalle esportazioni.

Dall’analisi degli ultimi dati disponibili (riferiti al 1° trimestre del 2007), emerge una situazione di evidente ripresa nell’evoluzione delle esportazioni in tutti i settori tipici del made in Italy.

La crescita delle esportazioni registrata nel primo trimestre del 2007, rispetto allo stesso periodo del 2006, è evidente in particolare nel settore dei prodotti petroliferi raffinati (+66,1%), dei metalli (+46,3%), dell’energia elettrica, dell’acqua e del gas (+45,5%).

Le nuove imprese che riescono ad affermarsi sul mercato sono in grado di lavorare nei segmenti della filiera più vicini al consumatore ed a più elevato valore aggiunto, restando pur sempre nel solco dei settori che hanno decretato il successo del made in Italy.

Questo cambiamento nelle strategie d’impresa ha come protagoniste le aziende di medie dimensioni. Esse hanno una maggiore capacità di proiettarsi  all’estero e sono caratterizzate da alti livelli di redditività, capacità innovativa e utilizzo di capitale umano qualificato.

Queste imprese poggiano su un’immagine ben riconoscibile, ancorata alla cultura e alla tradizione produttiva italiana. Ciò dimostra che si può essere competitivi anche coltivando l’eccellenza nei settori tradizionali del made in Italy, sapendo innovare nei prodotti, incorporando tecnologia nel processo produttivo, governando le filiere di commercializzazione attraverso idonee politiche di marchio, forti reti di vendita e  adeguato sviluppo della logistica. Gli stessi traguardi di eccellenza attraverso l’innovazione devono esser perseguiti, del resto, anche in altri settori strategici per il nostro Paese, come quelli del turismo e della logistica. All’interno di questi percorsi possono giocare un ruolo importante le piccole imprese, a condizione però che esse siano anelli di una filiera e siano inserite in percorsi di qualità, assicurando flessibilità organizzativa e dimostrandosi ricettive all’introduzione di innovazioni. Per crescere ed essere protagonista sui mercati internazionali l’Italia deve quindi puntare su due aspetti: l’integrazione in rete del sistema produttivo e l’innalzamento del livello di competitività generale.

Crescita dimensionale e messa in rete delle imprese possono favorire anche la soluzione di un’altra criticità insita nella struttura produttiva dell’economia italiana, ossia la mancanza di innovazione. Infatti le ridotte dimensioni delle imprese impediscono sia di svolgere attività di ricerca e di innovazione al proprio interno, sia di avvalersi degli avanzamenti della ricerca e dell’innovazione sviluppati da strutture specializzate.


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