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Rassegna Stampa Estera
23/12/2021

"Etica e Sindacato" - Pubblicazione del Centro Studi

Disponibile a breve sul sito del Centro Studi Pietro Desiderato  della FABI (Federazione autonoma bancari italiani),  il volume Etica e Sindacato, ultima pubblicazione del Centro Studi, presentata in questa intervista dal suo Direttore Gianfranco Amato.
 
 
 

Riportiamo di seguito l'intervista realizzata dalla FABI a presentazione del Volume.

L’etica, la finanza etica, il virus e l’etica, il lavoro e l’etica, il sindacato e l’etica. A 360 gradi il Centro studi “Pietro Desiderato” della Fabi indaga il concetto filosofico più attuale di tutti i tempi. Una pubblicazione che scuote le coscienze, che ci interroga e mette a nudo l’agire umano. La dignità del lavoro e lo smart working, il coronavirus e il rapporto con i nostri simili, il sindacato e il posto che occupa la Fabi, in particolare, nel settore del credito. 

L'INTERVISTA

La domanda più difficile a cui rispondere in poche parole: cos’è l’etica?

Il posto in cui uno abita, il posto in cui ci si trova bene. Ethos è la dimora, Ethein ha il primo significato di “abitare un luogo”. Qui risiede l’origine. Naturalmente questo non esaurisce né il significato, né il senso di Etica. Dall’origine che la definisce prende avvio un cammino che si organizza intorno a differenze crescenti, cambiamenti progressivi di senso, che la conducono ad una sovrapposizione con la Morale.

Perché la necessità di scrivere un libro sull’etica? E cosa c’entra l’etica con il lavoro e il sindacato?

Perché di etica se ne parla da decenni e anche fuori luogo. Ma se Etica si presta ad una interpretazione mobile, non altrettanto si può dire per ciò che riguarda Sindacato. La nascita e l’uso della parola sono a noi più vicini nel tempo. Con ogni probabilità nata in Francia con il termine Syndicat, anch’essa contiene una radice greca syn-dike = “con giustizia”, fare giustizia insieme. Etica e Sindacato assumono quindi un profilo speculare, l’una di fronte all’altro. Non è possibile disporre un agire sindacale senza tenere conto di un ethos a cui riferirsi, di un luogo dove costruire la propria dimora. Il sindacato deve agire secondo giustizia e dunque deve abitare nel luogo dove i comportamenti si adeguino alla comunità di appartenenza, dove il rispetto della tradizione si accompagni alla visione delle prospettive possibili.

In questa visione, che posto occupa la Fabi?

Occupa il posto che le spetta, all’interno della comunità dei bancari, dove, come in ogni altra comunità, ritroviamo una costellazione di segni, simboli, tradizioni, che definiscono una cultura condivisa. In questo ambito la FABI sta nell’opposizione che le è propria, che la determina attraverso la memoria delle sue azioni, in virtù della quale ha costruito e mantenuto nel tempo la propria identità.
 
Nel libro l’etica viene indagata anche in rapporto al particolare momento storico che stiamo vivendo, quello della pandemia. È famoso ormai il detto “ne usciremo migliori”. Ne siamo usciti migliori?  

No. Il periodo straordinario della pandemia ha messo a nudo certi comportamenti. Quelli regolari e quelli che sono fuori posto, ad esempio avere un senso distorto della limitazione della libertà, essere insofferenti. La crisi sanitaria e le ricadute sulla vita quotidiana hanno fatto emergere un “quasi” popolo dalla memoria storica molto corta. Ne è prova, per esempio, il sofferto rapporto con alcuni Stati dell’Unione Europea. Sono stati messi in discussione il nostro essere comunità nazionale e il senso di appartenenza ad uno Stato, il “modus vivendi “feroce e competitivo fra simili; la relazione con l’ambiente.

C’è un capitolo molto interessante sullo smart working e sull’utilizzo che ne è stato fatto in questi ultimi due anni. Telelavoro o lavoro agile?

Entrambi. Il lavoro agile e il telelavoro esistevano già, erano in gran parte contrattati, ma in Italia hanno assunto una frequenza del tutto residuale. L’emergenza, con le chiusure forzate, ha amplificato il numero di lavoratori coinvolti: da qui la necessità di ritrovare nuovi equilibri, analizzando benefici e pericoli derivanti da una nuova organizzazione del lavoro. Numerose aziende o gruppi bancari e assicurativi hanno annunciato che, indipendentemente dalla pandemia, ricorreranno in maniera molto più estesa che in passato al “lavoro agile”. A questo punto sorge l’impellente necessità per le organizzazioni sindacali di determinare regole, diritti e doveri, al fine di eliminare i pericoli che una nuova organizzazione del lavoro di tale portata può far nascere.

Innanzitutto, è bene fare chiarezza sul concetto stesso di smart working. Infatti, quello sperimentato durante il lockdown è stato per lo più telelavoro. Quest’ultimo si differenzia dallo smart working non per il fatto di essere condotto da casa o in uno specifico luogo decentrato rispetto all’ufficio, e per essere soggetto a ispezioni da parte del datore di lavoro, al fine di verificare il normale svolgimento del lavoro in sicurezza e in adeguato isolamento.

Quali sono gli aspetti positivi dello smart working e cosa invece assolutamente da cambiare?

Il primo effetto positivo che l’introduzione del lavoro agile su larga scala potrebbe comportare è la gestione autonoma dei tempi di lavoro. La possibilità di lavorare da remoto, riducendo al minimo i tempi di spostamento garantirebbe ai lavoratori molto più tempo a disposizione da dedicare ad attività ex- tra-lavorative. Ma una riduzione degli spostamenti per motivi di lavoro determinerebbe anche un miglioramento della qualità dell’ambiente delle nostre città; la riduzione del traffico nelle aree centrali dei centri urbani; una diminuzione delle spese per i carburanti. Un altro beneficio che il lavoro agile potrebbe produrre riguarda, invece, la ristrutturazione del rapporto tra dipendenti e datori di lavoro e la conseguente creazione di una cultura aziendale fondata sulla fiducia.

Una delle problematiche, invece, più evidenti quando si parla di smart working ha a che fare con il diritto alla disconnessione. Non è un caso che negli ultimi due mesi moltissime persone abbiano lamentato un aumento delle ore lavorative causato da un ricorso disordinato al lavoro agile. Il che non si è tradotto obbligatoriamente in un incremento del carico di lavoro. Piuttosto, la situazione verificatasi più frequentemente è quella di lavoratori subissati di richieste anche al di fuori dell’orario di ufficio. Un problema pratico è quello della difficoltà di trovare all’interno dell’abitazione un locale adatto per potersi concentrare e lavorare con tranquillità. A livello umano e personale, non è sempre ben visto il fatto di ritrovarsi a passare praticamente ventiquattrore a casa. Se prima era necessario staccare dal lavoro, ora è diventato utile il contrario, cioè staccare da casa e cambiare aria. Di certo, la diminuzione delle interazioni sociali, determinate dal lavoro agile, potrebbe generare stati depressivi clinicamente nocivi.

Un monosillabo: le pressioni commerciali… sono etiche?

No. Nonostante tutto il lavoro che sta facendo la Fabi per contrastarle, purtroppo le pressioni commerciali vanno in direzione contraria. Ecco perché credo che parlare di finanza etica sia una contraddizione.

L’Accordo sulle politiche commerciali firmato in Abi l’8 febbraio 2017 ha enunciato principi e valori condivisi ed ha delineato diverse soluzioni pratiche, anche sul piano del coinvolgimento sindacale, sia in sede nazionale che aziendale. In questo senso le risorse umane hanno un ruolo centrale, e l’obiettivo comune delle aziende bancarie deve essere la loro valorizzazione. Il rispetto della persona è un principio imprescindibile e deve essere condiviso nell’orientamento dell’azione commerciale. Quindi, viene sottolineato che i valori di riferimento che le banche devono seguire nell’attività di impresa sono l’onestà, la lealtà, la trasparenza, l’equità, il rispetto, la libertà, la professionalità e la fiducia.
 

Alla stesura del libro hanno partecipato

Alessandro Abba
Gianfranco Amato
Tommaso Brindisi
Giacomo Melfi
Augusto Mastropasqua
Carmelo Raffa
Roberto Riva



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