Il 22 maggio 2012 il Presidente dell'Istat ha illustrato la 20a edizione del Rapporto sulla situazione del Paese. Si prevede una riduzione del Prodotto interno lordo (Pil) italiano pari all'1,5%, ed una crescita dello 0,5% per il 2013.
Nel 2010 è stata disposta la soppressione dell'Istituto di Studi e Analisi Economica e il conseguente trasferimento delle relative funzioni all'Istat, ivi comprese quelle di previsione. Per svolgere tale compito è stato realizzato un nuovo modello econometrico, utilizzato per effettuare le previsioni presentate dall'ISTAT.
Per l'anno 2012 si prevede una riduzione del Prodotto interno lordo (Pil) italiano pari all'1,5%, provocata da una contrazione della domanda interna, non pienamente compensata dalla dinamica positiva della domanda estera netta, la quale riflette la forte discesa dell'import (-4,8%) e una tenuta dell'export (+1,2%) (Prospetto 1).
La marcata riduzione degli investimenti fissi lordi (-5,7%) è causata dalle difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese e dalla debolezza della domanda attesa. La diminuzione dell'occupazione e la perdita di potere d'acquisto sono previste comprimere la spesa per consumi delle famiglie (-2,1%). Le misure di consolidamento della finanza pubblica avranno un impatto negativo sui consumi collettivi.
Nel 2013, si prevede che il tasso di crescita del Pil torni ad essere leggermente positivo (+0,5%) per effetto del rafforzamento della domanda mondiale e di una debole ripresa degli investimenti delle imprese.
Il prossimo anno la crescita del commercio mondiale dovrebbe sostenere le esportazioni italiane (+4,0%), anche se il contemporaneo incremento delle importazioni (+2,3%) attenuerebbe il contributo positivo alla crescita del Pil. Si prevede anche una stagnazione della domanda interna, con i consumi delle famiglie che contribuiranno negativamente alla dinamica del Pil (-0,2%).
Il permanere o l'aggravarsi delle tensioni sui mercati finanziari, con il conseguente ampliamento del differenziale dei rendimenti sui titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi, e una dinamica meno vivace del commercio mondiale costituiscono i principali fattori di rischio al ribasso per queste previsioni.