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Politica economica
20/02/2013

Eurispes: Rapporto Italia 2013

L'Eurispes nell'annuale rapporto riassume la situazione italiana: visione fosca del futuro da parte delle famiglie italiane e preoccupazione per il posto di lavoro sono tra i temi salienti del rapporto 2013.
 
 
 
Il Rapporto Italia 2013, giunto alla 25a edizione, è stato costruito, come di consueto, attorno a sei dicotomie, illustrate attraverso altrettanti saggi accompagnati da sessanta schede fenomenologiche.
 
Con le sue 1.000 pagine, il Rapporto rappresenta uno strumento utile per leggere l’Italia che cambia.L’indagine condotta ha toccato le tematiche e i fenomeni correlati a ciascuna delle sezioni che compongono il Rapporto i quali hanno stimolato il più recente dibattito e l’interesse dell’opinione pubblica. In particolare, hanno partecipato e contribuito a delineare il quadro degli orientamenti presenti nella compagine della nostra società 1.500 cittadini.
La rilevazione è stata effettuata nel periodo tra il 21 dicembre 2012 e il 4 gennaio 2013.
 
La condizione economica delle famiglie
  
Una visione assai fosca e pessimista della condizione economica del Paese accompagna l’inizio del 2013: è opinione diffusa che la situazione economica italiana sia peggiorata negli ultimi 12 mesi e che l’anno che ci attende non vedrà miglioramenti, anzi sarà peggiore. Parallelamente, il disagio economico delle famiglie si è aggravato (indica questa condizione il 70% degli italiani). Il ricorso ai propri risparmi per far fronte alla crisi e la sindrome della quarta settimana (quando non della terza) riguardano ormai 3 italiani su 5; nella maggior parte dei casi risparmiare qualcosa è impossibile (79,2%). Aumenta il numero di quanti negli ultimi tre anni hanno dovuto far ricorso ad un prestito bancario (35,7%; +9,5% rispetto allo scorso anno) per pagare debiti accumulati (62,3%) o per saldare altri prestiti precedentemente contratti con altre banche o finanziare (44,4%), ma che evidentemente i contraenti non sono riusciti a saldare.
 
Italia: tra crisi e deboli speranze. Secondo la rilevazione dell’Eurispes, l’80% dei cittadini è convinto che la situazione economica generale sia peggiorata negli ultimi dodici mesi (per il 61,5% “nettamente” e per il 18,5% in parte); tuttavia il dato nella rilevazione dello scorso anno si attestava al 93,6%. Parallelamente, la quota di chi pensa che la situazione sia migliorata (nettamente o in parte) passa dall’1,4% del 2012 al 10,9% di quest’anno.
Il futuro che ci aspetta. La maggior parte degli italiani (52,8%) sono convinti che la situazione economica del Paese subirà un peggioramento nei prossimi 12 mesi, in molti sono sicuri che rimarrà stabile (27,9%) e solo 1 italiano su 10 indica un sicuro miglioramento. Gli imprenditori in particolare rappresentano la categoria più pessimista e sfiduciata nel futuro economico del nostro Paese che con il 65,5% di indicazioni di un peggioramento staccano di oltre 10 punti percentuali tutte le altre categorie.
 
Nel 2012, 7 italiani su 10 (70%) hanno visto peggiorare la situazione economica personale (per il 40,2% di molto, per il 33,3% in parte). Sono davvero pochi coloro che hanno visto la propria situazione migliorare, appena il  4,8% (lievemente 3,9%, e molto 0,9%).
 
Risparmi intaccati e indebitamento.
Il 60,6% degli italiani, 3 su 5, rivelano di essere costretti a intaccare i propri risparmi per arrivare alla fine del mese; il 62,8% ha grandi difficoltà ad affrontare la quarta (quando non la terza) settimana; il 79,2% non riesce a risparmiare, questo vuol dire che solo 1 su 5 riesce a mettere qualcosa da parte.
 
Risparmio: cambierà qualcosa?
Quando viene chiesto ai cittadini se ritengano di riuscire a risparmiare qualcosa nei prossimi dodici mesi, due su tre rispondono naturalmente di no, che probabilmente (36,7%) o certamente (30%) non riusciranno a risparmiare alcunché, mentre il 27,4% ritiene che nel 2013 riuscirà ad alimentare i propri risparmi, di questi ultimi ne è totalmente sicuro però solo il 5,7%, mentre il 21,7% non ne è del tutto certo.
 
Nella spirale del prestito.
Circa un terzo del campione ha chiesto un prestito bancario negli ultimi tre anni (35,7%), un dato in aumento rispetto alla rilevazione dello scorso anno di 9,5 punti percentuali. Le categorie più bisognose di aiuti finanziari sono quelle con contratti a tempo determinato (atipico o subordinato), in particolare il popolo della partita Iva (44,2%), contro il 35,2% dei lavoratori subordinati a tempo indeterminato.
 
Ben il 62,3% dei prestiti è stato chiesto per pagare debiti accumulati e il 44,4% invece per saldare altri prestiti precedentemente contratti con altre banche o finanziare, ma che evidentemente i contraenti non sono riusciti a saldare. Appare evidente come la spirale che si innesca è sintomatica della crisi che l’Italia sta affrontando e che attanaglia i cittadini in una condizione di disagio profondo dalla quale sembra non vi sia altra via d’uscita se non quella di alimentare l’indebitamento. Il 27,8% di chi chiede un prestito lo fa per acquistare una casa, il 22,6% per coprire le spese mediche e non manca chi vi ha fatto ricorso per potersi permettere una vacanza (5%) o per far fronte ad un evento come il matrimonio, un battesimo, una cresima, ecc. (13,1%).
 
 
Il lavoro: il vero timore degli italiani
 
Raccomandati per cercare un lavoro, stressati nella maggior parte dei casi (solo l’8% non si sente mai “pressato” dal lavoro) e in alcuni a casi addirittura mobbizzati (23,5%), soprattutto dai superiori (87,6%). Nel clima di grande incertezza provocato dalla crisi, i lavoratori si dicono sfiduciati sul proprio futuro economico e professionale. Oltre la metà del campione afferma di non essere più in grado con il proprio lavoro di sostenere adeguatamente il proprio nucleo familiare (53,5%) o di sostenere spese importanti come l’acquisto di una casa o una macchina (61,3%), né tanto meno si sente di poter fare progetti per il futuro (64,1%).
 
L’intramontabile pratica della “raccomandazione”.
Il 27% di chi ha un lavoro dichiara di averlo trovato tramite una candidatura spontanea, e il 21% ammette di essere dovuto ricorrere alla “raccomandazione”, solo il 9,1% si è rivolto a un Centro per l’impiego (4%), o a un Agenzia per il lavoro (5,1%).
 
 
Il lavoro e lo stress.
Solo l’8 dichiara di non essere sottoposto alla “pressione” di eventi psicologici a causa del lavoro, il restante 92%, seppur con modalità e intensità differenti, al contrario, riconosce sintomi di stress derivanti dal lavoro e dalle mansioni che svolge. Il 59,5% solo qualche volta, il 21,9% spesso, mentre il 10,6% addirittura sempre. Tra le principali fonti di stress dichiarato dal campione, al primo posto troviamo le scadenze e le pressioni sui tempi di consegna (59,5%), segue la mancanza di tempo da dedicare a se stessi (51,7%), e i carchi eccessivi di lavoro (51,5%). Ma anche l’assenza di stimoli professionali può provocare disagio (50,5%). Al contrario, la precarietà lavorativa (28%), i rapporti con i colleghi (27,8%), la scarsa copertura previdenziale e assicurativa (25,2%), e, da ultimo, l’irregolarità nei pagamenti (24,7%), non vengono percepiti come fattori particolarmente critici.
 
“Mobbizzati”...
Il mobbing è un fenomeno che, da semplice forma di repressione nei confronti di un lavoratore, si è ormai delineato come problematica complessa e il 23,5% degli occupati intervistati ne riconosce i sintomi, dichiarando di aver subìto almeno una volta forme di sopruso o persecuzione da parte del datore di lavoro.
 
E “mobizzatori”. I principali responsabili di azioni di mobbing sono, per la grande maggioranza dei casi, i superiori (87,6%). Questo tipo di mobbing, definito verticale, è il più frequente ma, allo stesso tempo, non andrebbe sottovalutata l’alta percentuale di quanti si ritengono vittime dei propri colleghi (39,2%). Si tratta del cosiddetto mobbing orizzontale o trasversale che – attraverso atti o pratiche dei pari grado – tende ad isolare il lavoratore.
 
La crisi economica e il lavoro. Alla domanda sulla possibilità di fare progetti, il 64,1% risponde negativamente (24,5% per niente; 39,6% poco) e solo il 35,8% si mostra più ottimista. Ciononostante, il timore di dover cercare una nuova occupazione non appare particolarmente diffuso; infatti, il 64,9% dichiara di essere poco/per niente “costretto a cercare un’altra occupazione”. Quasi due terzi dei lavoratori (61,3%) afferma che l’attuale occupazione non permette loro di sostenere spese importanti quali l’accensione di un mutuo, o l’acquisto di un’automobile (22,2% per niente; 39,1% poco). La famiglia d’origine resta rifugio e fonte di sostentamento per quasi il 30% dei lavoratori (chiede abbastanza aiuto alla famiglia il 19,6%, molto aiuto l’8,6%). Il 53,5% afferma di non essere più in grado di sostenere adeguatamente il proprio nucleo familiare (37,1% poco; 16,4% per niente).
 
 
 
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