Dal ’95 ad oggi nelle banche meridionali sono stati bruciati oltre 35mila posti di lavoro, di cui 10mila solo in Sicilia.
Questi gli effetti che le grandi fusioni bancarie hanno avuto sull’economia e sull’occupazione nel settore bancario del Meridione, da quando, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, i Gruppi creditizi del Nord hanno assunto progressivamente il controllo delle maggiori banche meridionali.
È quanto è emerso dall’indagine “Alla conquista del Sud. Il risiko bancario sulle spalle del Meridione”, a cura del Centro studi “Pietro Desiderato” della FABI (Federazione autonoma bancari italiani), il sindacato autonomo dei bancari.
La ricerca, coordinata dal Presidente del Centro Studi sociali “Pietro Desiderato”, Gianfranco Amato, è stata presentata a Palermo il 9 novembre durante il convegno organizzato dalla FABI e moderato dal giornalista Rai Angelo di Natale, che si è svolto presso la sede del Parlamento regionale siciliano, a Palazzo dei Normanni, e che ha visto la partecipazione di alcuni tra i massimi studiosi della Storia e dell’Economia meridionale:
da Rita Palidda e Giuseppe Barone, rispettivamente presidente del Corso di laurea in scienze Sociologiche e preside della facoltà di Scienze Politiche dell’università di Catania, a Carlo Dominici, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, già presidente della Fondazione Banco di Sicilia.
In rappresentanza della FABI sono invece intervenuti il Segretario generale, Lando Maria Sileoni, il presidente del Centro studi sociali “Pietro Desiderato, Gianfranco Amato, e il Segretario coordinatore della FABI di Palermo, Carmelo Raffa.
LA RICERCA
Secondo l’indagine condotta dalla FABI, da quando le banche meridionali sono finite nell’orbita dei grandi Gruppi creditizi del Nord, nel Sud vi è stata una forte contrazione nel credito verso la piccola e media impresa.
Nelle province dove più alta è stata la quota di fusioni o acquisizioni che ha interessato le banche locali, i prestiti erogati alle piccole imprese sono risultati inferiori.
Il fenomeno ha toccato il suo picco massimo tra il 1995 e il 2001: mentre al Centro Nord il rapporto tra depositi e prestiti è aumentato costantemente dall’1, 28% del 1995 all’1,64% del 2001, nel Mezzogiorno è sempre rimasto stazionario attorno all’1%.
Tra il 2002 e il 2010 si è registrata invece una crescita più intensa dei prestiti rispetto a quella verificatasi nel Settentrione, ma ancora una volta a beneficiarne è stata la grande impresa a scapito delle pmi locali.
GLI ATTI DEL CONVEGNO: