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Integrazione e diversabilità
14/09/2020

Siamo tutti OnLife: intervista al Professor Luciano Floridi

Da Plus Magazine - supplemento de "La Voce dei Bancari", edizione Nazionale - Settembre  2020. Intervista al Professor Luciano Floridi  ordinaro in Filosofia ed Etica dell’informazione presso l’Oxford Internet Institute dell’Università di Oxford, dove è anche Direttore del Digital Ethics Lab.




Siamo tutti Onlife: benvenuti nel ventunesimo secolo. 
Intervista al Professor Luciano Floridi
di Pietro Gentile

Onlife è un concetto che Lei ha ideato qualche anno fa, presentato nei suoi libri e oggi usato da media e personalità. A suo tempo aveva registrato il termine?
Qual è il significato?

Purtroppo non l’ho registrato, visto che oggi è usato moltissimo. Fa parte del lavoro della “Ricerca” coniare ogni tanto un termine utile. Onlife sintetizza in una parola sola un ventaglio di esperienze che richiederebbero lunghe frasi per la loro descrizione. Non siamo più divisi tra il digitale e l’analogico, tra online e offline, ormai la nostra vita è immersa nella confluenza tra queste realtà. L’analogia che ho usato per descrivere il termine è quello del punto in cui l’acqua dolce incontra l’acqua salata. Ho descritto la nostra come la società delle mangrovie, che crescono nell’acqua salmastra, il punto in cui avviene questa confluenza di flussi d’acqua. Faccio un esempio: sono in cucina, sto parlando con Alexa, nel frattempo ascolto musica da un vecchio tablet collegato col Bluetooth ad un piccolo speaker, leggo la ricetta sull’iPhone, entra qualcuno e mi dice, sei Online o sei Offline? Sono Onlife, ovviamente! In questo nuovo mondo c’era ancora chi non viveva nella “società delle mangrovie” cioè chi era completamente fuori dall’acqua salmastra. Con l’emergenza Covid ci siamo accorti cosa significhi restare fuori perché chi lo era, è stato penalizzato in modo particolare. Pensiamo anche al settore delle Banche in cui le distanze tra realtà che hanno investito molto nel digitale e quelle rimaste indietro si stanno ulteriormente allargando.

Nei suoi libri si parla di “InfoSfera”. Che ruolo ha avuto l’Infodemia in un mondo in cui l’informazione non è più filtrata e qualsiasi notizia finisce sui social a prescindere dal fatto che sia vera o falsa? Che impatto ha avuto tale fenomeno nella gestione mediatica del Covid in questi mesi?

Il problema dell’informazione adulterata sta diventando sempre più evidente. Faccio nuovamente alcuni esempi. Molti anni fa si era verificato lo scandalo delle “polverine” con cui veniva fatto il vino. Nel settore alimentare, nei paesi come l’Italia, oggi diamo per scontato che in un supermercato o in un mercato rionale non si trovi qualsiasi cibo senza controllo. È inconcepibile oggi che chiunque possa mettere su un banco cibo scaduto, adulterato o addirittura avvelenato. Oggi per l’informazione invece sta avvenendo proprio questo. Sull’argomento sono decenni che mi esprimo come il “grillo parlante”. Il primo mio paper sull’Infodemia è dei primi anni ‘90. Se lo si legge oggi, cascano le braccia perché descrivo esattamente ciò che sta avvenendo. E allora non c’era ancora Internet, c’erano solo i primi gruppi di discussione online, ma bastava saper ragionare. Che cosa si può fare? Come avvenuto per il settore alimentare, quello farmaceutico o dell’energia, si deve agire per il settore dell’informazione. Vi sono alcuni contenuti illegali o falsi che devono essere immediatamente intercettati ed eliminati. I nostri valori sono tolleranti, ma esiste un livello al di sotto del quale non si deve scendere. Mi chiedo come sia possibile che se metto su YouTube una canzone protetta da copyright mi viene cancellata in pochi minuti in modo proattivo e se invece si inserisce un video o un’immagine neonazista questa possa rimanere per giorni senza che nessuno intervenga. La comunicazione deve essere civile. Penso invece ad esempio al modo di comunicare di Trump negli USA. A me dispiace che Zuckerberg si sia posto dalla parte della “libertà di espressione a tutti i costi”. È una forma di liberalismo da “Far West” che oggi non trova più spazio, è anacronistico. Le piattaforme social non sono tanto “comunicazione” sono soprattutto “ambienti”: Zuckerberg ha detto “noi dovremmo essere trattati a metà strada tra i giornali e la telefonia”. Io da filosofo rispondo che non è così. Dovremmo trattare Facebook come un misto di piazza e parco pubblico. Siamo in una società e bisogna avere rispetto per tutti, la violenza online, le fake news non possono più trovare spazio in un ambiente comune. Twitter si sta invece muovendo nella direzione giusta. Penso che l’Europa debba presto attuare un intervento importante su questi argomenti. È questione di tempo, ma più si attende nel risolvere la questione e più danni si vedranno.

Qual è Il ruolo dell’etica nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale? Penso al dilemma dell’automobile con autopilota all’incrocio stradale, che in caso di incidente deve decidere chi salvare tra la vecchietta e il bimbo nella carrozzina. A che punto siamo in questo campo?

Abbiamo fatto qualche passo avanti nel capire ciò che non si potrà mai fare. In passato sentivo parlare molto della possibilità di implementare regole etiche direttamente nel codice del software dell’Intelligenza Artificiale. È fantascienza, perché noi non abbiamo capito ancora come “funzionano” gli esseri umani e pretendiamo di insegnare il comportamento umano alle macchine. L’etica “by design”, l’umanizzazione dell’Intelligenza
Artificiale, oggi ha veramente poca presa, rimarrà sempre nei sogni di tutti noi. Quello che invece si sta sviluppando molto è lo studio sulla responsabilizzazione dell’A.I. Mi spiego meglio: sarà sempre più importante capire chi paga i costi degli errori compiuti dall’Intelligenza Artificiale. Pensiamo ad una diagnosi medica errata rilasciata da un software, ad un mutuo erratamente concesso da un Robot finanziario, a un decesso causato da un’auto a guida autonoma. Capire dove e come si distribuisca questa responsabilità, e quali siano le entità che alla fine pagano per un danno, questa è la strada che il mio gruppo di lavoro qui a Oxford sta percorrendo. È l’Auditing dell’Intelligenza Artificiale: presto usciremo con una pubblicazione su questo argomento. A suo tempo, come coordinatore di un gruppo di Ricerca della Commissione Europea, avevo già avanzato questa proposta, ma credo non sia mai stata presa in considerazione. Oggi invece le grandi Corporation sono molto interessate a questo argomento.

Per leggere l'intervista completa

PLUS MAGAZINE SETTEMBRE 2020

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