E' il risultato della Ricerca “Il Furto di identità: immagine, atteggiamenti e attese dei consumatori italiani”, commissionata da CPP Italia, all’UNICRI, agenzia delle Nazioni Unite, con sede a Torino, avente lo scopo di supportare i Paesi nella prevenzione del crimine.
Un italiano su 4 è potenzialmente esposto a frode di identità, ma il percepito del consumatore appare ancora debole: lo rileva la ricerca condotta da CPP Italia e dalle Nazioni Unite
Il fenomeno, sottovaluto in Italia rispetto ai Paesi anglosassoni, è in crescita anche nel nostro Paese. Per prevenirlo occorre modificare pregiudizi, combattere la disinformazione e predisporre prodotti di difesa
Sono stati presentati i a Milano i risultati della Ricerca “Il Furto di identità: immagine, atteggiamenti e attese dei consumatori italiani”, commissionata da CPP Italia, filiale della multinazionale leader nella protezione e nei servizi di assistenza, all’UNICRI, agenzia delle Nazioni Unite fondata nel 1967 allo scopo di supportare i Paesi nella prevenzione del crimine e nella giustizia criminale.
A fronte dell’esperienza acquisita nei paesi anglosassoni - dove il furto d’identità è oggi massicciamente presente, specie negli USA - e a livello internazionale, CPP ha deciso di condurre un’indagine anche in Italia, dove il problema è purtroppo destinato ad allargarsi, così come è successo in altri Paesi.
Dalla ricerca quantitativa (800 intervistati telefonicamente) condotta in Italia è emerso come il 25,9% degli intervistatie, corrispondenti a quasi 8.000.000 di italiani, sia stato esposto a una potenziale frode di identità nel corso dell’ultimo anno. Il dato è stato calcolato includendo la clonazione di carta credito, bancomat o telefono cellulare, gli addebiti per prodotti e servizi anche via Internet non richiesti/consegnati e le adesioni a contratti via Internet o telefono senza saperlo.
Le frodi maggiormente temute sono quelle riguardanti l’ottenimento di finanziamenticreditimutui o il ritiro di contante dal bancomat e le conseguenze maggiormente immaginate sono quelle di trovarsi accusati di frodi o delitti e di ritrovarsi il conto corrente in rosso.
L’indagine effettuata sui consumatori italiani da 25 a 60 anni evidenzia comportamenti e atteggiamenti contraddittori. Nonostante questa elevata percentuale di potenziale esposizione a frode di identità e l’80% che si dichiara preoccupato da questo fenomeno, pochi e basilari appaiono i comportamenti e le tecniche difensive adottate per contrastare tali timori.
Alla base di queste contraddizioni appare esserci una confusione sulla definizione e precisa identificazione del concetto di furto di identità. Non sembra, infatti, esservi una comune condivisione fra gli intervistatie di quella che è l’immagine veicolata dal concetto di furto di identità. L’associazione maggiormente effettuata appare essere quella “cinematografica” - di sostituzione di persona - e solo secondariamente di potenziale frode economica.
Si rileva inoltre una scarsa conoscenza degli step necessari per risolvere il problema: il 19,3% degli intervistati non avrebbe certezze su chi contattare per concreti ed efficaci aiuti.
Contraddittorio è anche l’atteggiamento degli intervistatie nei confronti di Internet: da una parte viene considerato un “luogo” pericoloso, dal quale tutelarsi con appropriate difese, che in realtà sono blande (a parte l’uso dell’antivirus), dall’altra è il “luogo” preferito dove effettuare operazioni potenzialmente rischiose, quali rilasciare proprie informazioni personali, eseguire transazioni economico-finanziarie e scambiare informazioni “personali” con amici.
Questa marcata confusione nell’ambito della concettualizzazione del furto di identità appare avere origine in consistenti carenze quantitative e qualitative di tipo informativo. Meno del 4% degli intervistatie dichiara, infatti, di essere molto informatoa su questo fenomeno dai media.
“Attivarsi da subito per prevenire il furto d’identità è nell’interesse del consumatore, ma anche dell’intero Sistema Paese,” ha dichiarato Walter Bruschi, Managing Director di CPP Italia. “Infatti, nel momento in cui il consumatore perde la fiducia e riduce anche l’utilizzo delle carte di credito – sfiducia che viene poi trasmessa alla propria comunità di riferimento anche grazie agli strumenti Web 2.0 che favoriscono la condivisione di informazioni, quali social network e chat - ciò determina un danno a catena per tutto il sistema economico.
P.G.